Quali sono le certificazioni necessarie in vista di un’esportazione in EAU?
E qual è il procedimento necessario all’ottenimento della certificazione Halal?
Quando un’azienda decide di avviare un processo di internazionalizzazione ed intraprendere la strada dell’export, si trova necessariamente ad affrontare sfide che riguardano tradizioni, istituzioni, usi e costumi di culture diverse. L’azienda esportatrice deve assicurarsi che i prodotti siano conformi ad una serie di regole e leggi, in vigore nel mercato di destinazione.
Questo è vero in particolar modo quando il Paese prescelto, in cui si vogliono esportare i propri prodotti, è costituito in maggioranza, o quantomeno una cospicua rappresentanza, da una popolazione di fede musulmana.
È il caso degli Emirati Arabi Uniti dove l’Islam è la religione ufficiale dello Stato e dove la popolazione musulmana costituisce più del 70% del totale, rappresentata da una netta maggioranza della fede sunnita.
Ed è qui che entra in gioco la certificazione Halal. Sia che si tratti di prodotti provenienti dal settore agroalimentare, sia che si tratti di prodotti appartenenti al settore dei cosmetici, o del comparto farmaceutico o per la cura del corpo, ottenere o meno la certificazione Halal può fare un’enorme differenza nella riuscita della penetrazione di quel mercato.

Il termine Halal (حلال) significa, nella definizione araba del termine, ciò che è permesso o consentito, si contrappone sia a tutto ciò che è Makruh, definito come indesiderato ma non espressamente vietato, e soprattutto a ciò che è Haram, ovvero proibito. Ciò vuol dire che, quando un prodotto sia dotato di certificazione Halal, risulta conforme a quelle norme etiche ed igienico-sanitarie che si ritrovano nella dottrina islamica. È necessario dire che si tratta di una certificazione il cui conseguimento, nel caso degli EAU, è obbligatorio solo per la carne ed i prodotti contenenti carne. Tuttavia, il non averla preclude, e di molto, il successo dell’operazione export.
Per richiedere la certificazione è necessario farne richiesta ad un ente accreditato. Questi si occuperà di certificare tutta la filiera del prodotto. Ciò vuol dire che la certificazione Halal eventualmente rilasciata riguarderà tutta la catena del valore. Dalle fasi di approvvigionamento delle materie prime, trasformazione delle stesse, fino al prodotto finito. Perfino la logistica e la distribuzione sono soggette alla certificazione.
In particolare, l’ente certificatore, attraverso una audit presso la sede aziendale, dovrà accertare, per esempio, la presenza di sole sostanze consentite, tra gli ingredienti o le materie prime. Dovrà, inoltre, verificare che i beni Halal siano prodotti con l’utilizzo di macchinari o strumenti che non vengano utilizzati per la produzione di beni rientranti nella sfera Haram. Avrà, altresì, il compito di provare che non via sia una cross-contamination, ovvero che il bene non sia venuto in contatto, durante la fase di produzione, con sostanze ritenute proibite.
Terminato positivamente l’iter di controllo, la certificazione rappresenta un fattore fondamentale per l’azienda, la quale può vantare la possibilità di presidiare il mercato con prodotti contrassegnati da una autenticazione che, agli occhi dei consumatori si configura come una garanzia di sicurezza e qualità.

Tenendo presente la crescita della popolazione musulmana, non solo negli Emirati Arabi, ma in molte altre aree del mondo, e quindi dell’importanza che assumono i mercati halal, la certificazione rappresenta, senza dubbio, una opportunità che un’azienda italiana deve tenere in considerazione nel momento in cui si appresta ad affrontare non solo il mercato emiratino. Tale scelta, bensì, potrebbe rivelarsi vantaggiosa anche per soddisfare la crescente domanda in alcuni Paesi europei e negli Stati Uniti.
”Grazie per l'attenzione
Massimiliano NicolosiBucci srl | Export Manager